I 29 dipendenti in mobilità rimangono a casa perché i lavori vengono
subappaltati
Oltre al danno, la beffa per i 29 lavoratori della Ceit. Dopo il
ricorso alla procedura di mobilità da parte dell'azienda appaltatrice
dei servizi Telecom in Basilicata, e il rifiuto della Sielte, società
subentrata alla Ceit a partire da gennaio di quest'anno, le 29 unità
sono state messe di fronte all'ennesimo colpo basso: la nuova azienda
si sarebbe servita, nell'erogazione dei servizi a livello regionale,
di manodopera subappaltata, proprio mentre rifiutava l'invito da
parte del ministero del Lavoro a reintegrare i dipendenti usciti
dalla Ceit.
Il tutto è emerso nel corso dell'incontro che si è tenuto ieri
mattina in Regione.
Un tavolo tecnico convocato dalle istituzioni regionali per segnare
un passo avanti nella vertenza, e verificare le possibilità di
impiego delle ventinove unità fuoriuscite dalla Ceit. E, invece, la
riunione è terminata con una brusca interruzione.
L'assessore alle Attività produttive, Donato Salvatore, non ha
ritenuto opportuno continuare l'incontro, dopo essere venuto a
conoscenza del ricorso della Sielte sul territorio regionale ad altre
società subappaltanti. Dura la reazione dell'assessore che ha inviato
una lettera alla Telecom e alla dirigenza della Sielte, al ministero
del Lavoro e ai prefetti di Potenza e Matera, per denunciare
l'atteggiamento ambiguo tenuto dall'azienda. Grave anche la presa di
posizione delle sigle sindacali di categoria (Fiom Cgil, Fim Cisl e
Uilm Uil) che hanno annunciato iniziative di lotta a partire dalla
mattinata di oggi: i lavoratori della Ceit saranno riuniti in
presidio davanti ai cancelli della sede potentina della Telecom di
via Nazario Sauro. Chiedono all'azienda appaltatrice di assicurare il
passaggio dei dipendenti, affinché questi possano conservare il loro
posto di lavoro. Ma le tre sigle sindacali hanno anche annunciato il
coinvolgimento degli organi ispettivi del ministero del Lavoro al
fine di adottare misure adeguate contro quello che è stato ritenuto
un atteggiamento "intollerabile". Una condanna netta alla tenuta
della Sielte è giunta anche dalle due parlamentari lucane di
Rifondazione comunista, Anna Maria Palermo e Angela Lombardi. «La
grave decisione di mettere in mobilità i 29 lavoratori da parte della
Ceit hanno dichiarato - e la mancata riassunzione degli stessi da
parte della Sielte - nonostante l'intervento del ministero del
Lavoro, che chiedeva di sospendere la procedura di mobilità e
l'ordine del giorno del Consiglio regionale di Basilicata, che
sollecitava le parti a definire tempi e modalità per il
riassorbimento del personale - ci impone una decisa presa di
posizione a favore dei lavoratori che stanno lottando per la difesa
del loro posto di lavoro».
«Tale scelta continuano - non è in alcun modo giustificabile
considerando che i volumi produttivi assegnati sono rimasti
invariati».
Questo per la senatrice e il deputato sarebbe «l'ennesimo episodio di
mala impresa che registriamo, governata da logiche imprenditoriali
esclusivamente rivolte al facile e immediato profitto, attraverso
l'uso indiscriminato del lavoro precario o, peggio ancora, del lavoro
nero, attraverso l'uso del subappalto». E dalla Palermo e dalla
Lombardi è arrivato un preciso impegno: «Chiediamo al ministero del
Lavoro di intervenire prontamente, affinché, nell'ambito degli
appalti Telecom, siano garantiti i livelli occupazionali e
contrattuali senza ricorrere a forme di lavoro precario o addirittura
al nero. Chiediamo che queste situazioni siano colpite in modo
decisivo, perché le ristrutturazioni aziendali non cadano a danno dei
lavoratori e dei diritti».
Mariateresa Labanca, "Il Quotidiano della Basilicata"
giovedì 18 gennaio 2007
domenica 14 gennaio 2007
No al depotenziamento dell'Ospedale di Venosa

La Rete dei Lavoratori Lucani è contro lo smantellamento della Cardiologia con UTIC ( Unità di Terapia Intensiva Cardiologica) dell’Ospedale di Venosa e del suo trasferimento presso la struttura di Melfi.
Lo stanziamento di 750.456,81 € erogati dalla Giunta Regionale Basilicata per l’operazione di destrutturazione dovrebbe invece servire per il potenziamento delle strutture sanitarie del presidio venosino.
Il "Piano di Rientro" in un ambito come quello sanitario non può essere valutato sulla scia della mera gestione affaristica, tenuto conto che le ragioni del dissesto generale della Sanità Pubblica sono la distastrosa miscela di:
1- fallimentari politiche nazionali portate avanti dai vari governi repubblicani di centrosinistra e centrodestra (basti soltanto pensare come nell’ultima Finanziaria sono stati introdotti nuovi ticket sulla salute: VIETATO AMMALARSI!) orientate alla mortificazione del Pubblico (trasformazione delle USL in ASL, Aziende Sanitarie Locali), depotenziato per favorire il business delle strutture Private (Cliniche);
2- conseguente cambio di paradigma per il quale il "malato" diventa il "cliente", l’ "utente" della struttura aziendale;
3- burocratizzazione della Sanità pubblica con metodologie clientelari e favoritismo politico nelle nomine dirigenziali (con conseguente moltiplicazione del numero delle ASL in regioni anche piccole come la Basilicata), che in ogni parte del Paese hanno favorito l’assunzione nei posti cardine delle strutture sanitarie di personale non qualificato ed altamente manipolabile.
Le lavoratrici ed i lavoratori lucani si oppongono ad ogni forma di smantellamento e depotenziamento della Sanità Regionale, si battono per l’allontanamento delle varie Corti che in questi anni hanno gestito per conto dei Partiti (e non dei malati) la Spesa Sanitaria e chiedono invece una capillarizzazione dell’assistenza sanitaria, un potenziamento degli ambulatori territoriali e della rete delle emergenze, riporando al centro dell’analisi politica non il rendiconto affaristico ma la Salute come Bene non mercificabile.
No al profitto, Sì al diritto alla salute
Rete dei Lavoratori Lucani
info: rllucani@yahoo.it
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